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Categoria Poesia 1989

Categoria Poesia

Categoria Poesia 1989

Vincitore
Autore: Mario Luzi
Opera Presentata: Già colgono i neri fiori dell'Ade

Già colgono i neri fiori dell’Ade
i fiori ghiacciati viscidi di brina
le tue mani lente che l’ombra persuade
e il silenzio trascina.
Decade sui fiochi prati d’eliso
sui prati appannati torpidi di bruma
il colchico struggente più che il tuo sorriso
che la febbre consuma.
Nel vento il tuo corpo raggia infingardo
tra vetri squillanti stella solitaria
e il tuo passo roco non è più che il ritardo
delle rose nell’aria.

Mario Luzi
La lunghissima vita di Mario Luzi è interamente dedicata alla composizione di un’opera multiforme e vastissima (saggistica, poesia, teatro di poesia, libri di interviste, traduzioni), che riesce a mettere in secondo piano le esigenze individuali: la vita familiare con Elena, la nascita del figlio Gianni, le amicizie (da Cristina Campo — a cui è dedicata, decine di anni dopo, una poesia di Sotto specie umana, senza tracce di un trasporto diverso — a Carlo Betocchi), l’insegnamento universitario. Solo la figura materna lascia segni evidenti nelle opere: o come figura consolatrice («non mi nega cibo né alloggio») o come ispiratrice di un senso religioso della vita.

L’impressione generale è una grande distanza dai fatti individuali, in nome di una «vita di raccoglimento» (intervista a Paolo Di Stefano, «Corriere della Sera», 19 agosto 1993) in cui le vicende che diventano poesia sono altre. Luzi si presenta come poeta «non del tutto cervellotico», autocommentando il dramma Ipazia (1978), e infatti la sua opera nasce come scoperta e rivelazione, a partire dagli ultimi titoli (Per il battesimo dei nostri frammenti: «Quasi sempre un titolo è un mantra, viene da molto lontano. Mi suonò intimamente questa locuzione e nessun’altra per due anni è venuta a contrapporvisi. Questo è stato allora il titolo. Spero che gradualmente mi riveli il suo significato pieno e reale»: nel libretto Spazio stelle voce. Il colore della poesia, 1992).

Più che poeta cristiano, Luzi è — in questo senso — un poeta mistico, al di fuori di una precisa appartenenza confessionale (cfr. l’intervista a Stefano Verdino, «Il Secolo XIX», 26 settembre 1998: «Il crisma o sigillo del cristiano, una volta che si è ricevuto, è irrevocabile. È più doloroso che lieto, ma non sapresti rinunciarvi mai, anche se ti discosti dalle sue credenze», ed è questo il caso di Luzi). Al tema religioso Luzi ha dedicato una lunga conversazione con Stefano Verdino: La porta del cielo (1997).

Mario Luzi è nato sessant’anni dopo Arthur Rimbaud (20 ottobre 1854) il 20 ottobre 1914, presso Firenze. «I primi sintomi d’inclinazione verso la poesia li ho avuti da bambino, quando non sapevo nemmeno che cosa andavo cercando e cosa scarabocchiavo sulle pagine dei quaderni. A nove anni scrissi la mia prima poesia, senza sapere se poteva essere ritenuta tale» (intervista a Ugolino Vagnuzzi, «Il Messaggero di Sant’Antonio», novembre 1993).

Il primo libro di poesia è La barca (1935), in cui è esibito l’«alimento più sicuro della continuità poetica» di Luzi (nell’intervista a Vagnuzzi, cit.), e cioè una contemplazione stupefatta della natura e della solarità. Seguono esperimenti che situano decisamente Luzi nella corrente dell’Ermetismo fiorentino, con Parronchi e Bigongiari, in particolare: Avvento notturno (1940), Quaderno gotico (1947), Onore del vero (1957).

Una svolta verso le qualità drammatiche del linguaggio (testi di quasi-prosa, dialoghi di stampo eliotiano) avviene con Nel magma (1963), che fin dal titolo vuole testimoniare l’immersione nella complessità più dura e nella metamorfosi, che d’ora in poi diventano un suo motivo conduttore esplicito. Il giudizio di Luzi sul tempo umano tiene presente il caos e il suo calore violento: «Prima io lo chiamavo magmatico, poi caotico; però conservo la tenace convinzione che dalla confusione possa nascere anche qualcosa di più positivamente orientato verso il rinnovamento» (intervista a Gianni Boari, «Il Secolo XIX», 2 luglio 1995). In termini poetici, nel Libro di Ipazia: «Ma è nel fuoco che bisogna ardere. / Niente si addice alla parola più che la temperatura del fuoco».

Il percorso poetico continua con Su fondamenti invisibili (1971), Al fuoco della controversia (1978), Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Frasi e incisi di un canto salutare (1990), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), Sotto specie umana (1999), fino all’ultimo Dottrina dell’estremo principiante (2004). La Dottrina ossimorica di chi inizia eternamente, senza esaurire il percorso (e quindi è più l’Uomo in generale che l’uomo-Luzi in particolare), salda il 1935 con il 2004, i vent’anni con i novanta, attraverso l’ultimo testo, che è un omaggio al proprio passato, ma — forse — con un atteggiamento di distacco e di sensibilità all’evidenza: il mutamento del magma in caos.

L’itinerario di Luzi non è tanto dall’ermetismo alla chiarezza — anche se i testi diventano in parte più limpidi e diretti — quanto dal narcisismo di una sola voce alla pietas di una coralità di voci attive e di “scribi” che sono disponibili a scrivere. La nascita del teatro di Luzi deriva da questa attenzione, continuamente rimessa in gioco in una produzione vastissima: Ipazia (1971-1978; e in Ipazia Luzi ammette di aver alluso a Cristina Campo); Rosales (1983); Hystrio (1987); Corale della città di Palermo per Santa Rosalia (1989); Io, Paola, la commediante (1992); Il fiore del dolore (2003, sull’assassinio di don Pino Puglisi). Un posto particolare, più drammatico che teatrale in senso stretto, ha la Passione, il testo scritto per la Via crucis al Colosseo (1998).

Nel 1998 le poesie di Luzi sono state riunite in un volume dei Meridiani Mondadori, curato da Stefano Verdino: le raccolte edite fino a quel momento si dividono in tre sezioni (Il giusto della vita, che comprende i primi sei libri; Nell’opera del mondo, che indica i successivi quattro; Frasi nella luce nascente, che comprende le poesie del Luzi anziano, e che si può considerare il periodo ancora in fieri oggi).

Giovanni Raboni, recensendo («Corriere della Sera», 24 novembre 1998) questo lavoro di sistemazione, scrive che sono «tre parti: tre come le età fondamentali della vita, come le cantiche della Commedia, come i tempi di una sonata».

Il 20 ottobre 2004 Mario Luzi compie novant’anni. Nei giorni precedenti, riceve dal Presidente della Repubblica la nomina a Senatore a vita, anche a parziale risarcimento di un Premio Nobel mai assegnato, nonostante ripetute candidature. Ma il titolo risarcisce, soprattutto, la distanza del potere politico italiano da Luzi: «Facendo un bilancio di tanti anni, direi che non ho avuto molto. Ho ricevuto gratificazione da singole persone, che hanno espresso apprezzamento della mia poesia. Ma dall’ufficialità non ho avuto molto, neppure sul terreno pratico» (intervista redazionale, «Il Santo dei miracoli», 3, 1998).

La nomina riceve consensi aperti, ma anche voci contrarie, come quella — rispettosissima del percorso e della persona di Luzi — di Giuseppe Genna nel sito www.miserabili.com. La critica negativa tiene presente la differenza di Luzi da altre figure italiane (Montale, Ungaretti, Zanzotto) e soprattutto europee (Eliot e Pound, in particolare): non è in discussione la bellezza dei testi di Luzi — spesso di un’eleganza lancinante, quasi “saggistica” (Mengaldo) — ma l’invenzione di un nuovo immaginario e/o di una nuova lingua.

In Luzi non avviene quello che avviene in Zanzotto e in Pound: Luzi parte dal presupposto che il magma e la metamorfosi della realtà siano ugualmente dicibili, nella misura in cui la coscienza umana li coglie. Che questa coscienza sia deformabile e sofferente (come in Pound e Zanzotto, in Artaud, in Pasolini, in Testori…) e che questa deformazione sia spinta anche a deformare il linguaggio è vero, e su questo si fondano una poesia altissima e un’estetica a parte: il lettore deve sapere che il discorso di Luzi si pone su un livello non maggiore o minore, ma diverso. (M. S.)

Commentando la sua scomparsa, il 28 febbraio 2005 Dario Fo, a cui è stato attribuito quel riconoscimento che al poeta fiorentino è sempre sfuggito, ha commentato: «E' morto il Senatore, perché il Poeta resterà sempre con noi».

Ultima modifica: lunedì, 26 giugno 2023

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