Categoria Opere Fiore Argento 2010
Vincitore
Autore: Dino Carlesi
Opera Presentata: Fiore d'argento per la poesia
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Vincitore
Autore: Dino Carlesi
Opera Presentata: Fiore d'argento per la poesia
Motivazione del Fiore d'argento per la poesia
Dall’esordio, nel lontano 1947 nell’antologia ungarettiana dei “Poeti prigionieri”, Dino Carlesi ha pubblicato numerosi volumi che hanno calamitato l’attenzione di colleghi illustri quali Caproni, Luzi e Zanzotto. Un’opera, la sua, che procede per accumulazione etico-culturale, ma anche tecnico formale. Con la perenne dialettica fra l’ambiguità della vita, il suo mistero e le sue difficoltà, e il fascino che il poeta subisce a prezzo di angoscia e dolore. Una contraddizione che è la fonte stessa della sua poesia. Libro dopo libro il “viaggio” di Carlesi diviene motivo esistenziale che dall’incoscienza giovanile porta alla drammatica consapevolezza che non ci sono approdi fuori dal nostro pianeta e in questo “soggiorno obbligato” che è la vita sulla terra, l’uomo è assediato dal dolore, ma anche dal conformismo, dai dogmi che ne insidiano la libertà. La scrittura allora è l’unica risorsa possibile per denunciare le storture e i vincoli che umiliano l’uomo. Ma Carlesi lo fa evitando la retorica, esprimendosi con uno stile piano (come Luzi ha sottolineato), non enfatico, con un linguaggio palpabile, che fa della concretezza la sua forza (come rilevato da Caproni). Mostrandosi comunque sempre aperto al nuovo e preoccupandosi soprattutto di non cantare a vuoto, di dire cose che abbiano significati, di comunicare emozioni condivise. Un poeta ansioso di capire ma che della difficoltà di comprendere si rallegra, a cui non è mai venuto meno l’amore per la vita e che, ormai novantenne, nel recente volume “La porta socchiusa”, ingaggia ancora col vigore e l’entusiasmo di un ragazzo la sua orgogliosa battaglia con l’ignoto intonando, a estremo baluardo, un canzoniere d’amore per la cara compagna da poco perduta.
Dino Carlesi
Nato a Milano, ma risiede in Toscana da molti anni. Critico d’arte e poeta, amico di scrittori ed artisti. Fu incluso nel 1947 da Giuseppe Ungaretti nell’antologia Poeti prigionieri. Tra le sue recenti pubblicazioni poetiche ricordiamo Variazioni sul segno (Graphis arte, 1983), Una stagione possibile (Giardini, 1987), Destinazione terra (Forum, 1993), Soggiorno obbligato (Baroni, 1997), Racconto di un viaggio ( Passigli editore, 2000).
Anch'io ho vinto una edizione del Premio di poesia "II Fiore". Non ho mai dedicato particolare cura ai paesaggi naturali, intendo nella loro specificità e nomenclatura scientifica; non ho mai amato scrivere molto sullo spettacolo pur luminoso offerto dalla campagna. Anzi, la natura l'ho guardata spesso con timore, con sgomento, apparendomi vuota, asettica, disumana. Non sempre naturalmente. Eppure basta che scorga un uomo in una vigna o in un bosco o in cima ad una collina perché lo scenario mi si accenda, mi si umanizzi, acquisti un respiro imprevisto.
Forse è stata la vita rapinosa trascorsa da ragazzo orfano di città in città, l'urgenza di incontrare una figura, udire un fiato umano che donassero sicurezza ad un ragazzo che stava crescendo troppo solo. Poi in guerra non vi fu tempo per gustare i prati: le colline erano solo piccole cime da superare per nascondervisi dietro, magari per piazzarvi una mitragliatrice o una tenda.
Col passare degli anni, assai tardi, a Montepiano col pittore Saetti — un caro amico scomparso — incominciai a godere degli spazi, appresi un certo modo di osservarli, gustarli in silenzio. Poi, per un naturale passaggio dal macrocosmo al microcosmo, andai amando sempre di più le piccole cose che un certo paesaggio conteneva e mi mostrava. Amai prima i fiori degli artisti, quelli secchi di Tornea, i cardi di Grazzini, quelli adagiati sull'aria da De Pisis, quelli accesi di Omiccioli, quegli occhiuti di Viviani, quelli grassi e rossi di Guerricchio e di Guttuso. Allora mi risovvenni — come per miracolo — dei campi sterminati di papaveri su cui correvo da ragazzo alla periferia di Pisa, appena giunto da Milano, arrancando dietro un cugino più grande che si divertiva a lasciarmi sempre indietro.
Alla fine mi venne il gusto dei colori e specialmente dei colori dei fiori, che abbinavo a quelli delle tavolozze: rossi e viola, rosati e bianchi, azzurri e arancioni: colori che sembravano presentarsi quasi parlando, con un volo preciso, un carattere, un significato. Ora, nel giardinetto del Lido, ho perfino una pianta che al mattino fa alzare la testa ai proprii cento fiori rosa, morbidi come piumini, e che allo sparire del sole li fa ripiegare su se stessi come morti tra il verde delle foglie: è un'acacia rosa. Pare che al mattino questi fiori vogliano mostrare l'alterigia del proprio esistere e la sera fingano la distruzione e ostentino dolore per l'avvento delle tenebre: si tratta, quasi, di un miracolo, una resurrezione giornaliera.
Scrissi in passato alcune poesie sui fiori per il significato che io attribuivo loro, o meglio per il senso che il loro nome o il loro colore evocavano dentro di me. Ora li conosco meglio: il vecchio garofano, ormai relegato nei mazzi popolari e fatto recentemente simbolo di una nota ideologia; la rosa, la regina che rimane l'omaggio elegante, più comune e gradito; l'orchidea che arriva nei salotti chiusa nelle lucide bare di cellophane; il crisantemo, legato al tenero dolore dei defunti; la mia magnolia "soulangiana" che esplode in estate come un bianco fuoco d'artificio; i gerani dei terrazzini liguri citati nelle poesie di Sbarbaro; i grandi rododendri, le azalee nane, le dalie messicane; gli eserciti di girasoli che ruotano e si spengono simili a soldati in disfatta; gli estivi gladioli, alti e fieri; e quelle stei lizie blu o arancioni che sembrano di carne e quasi impauriscono, uccelli pronti per un volo misterioso; e, infine, quelle margheritine modestissime, bianche e gialle, che Martina traballante va a cogliere sul prato verde davanti casa, spesso cadendoci sopra a sedere!
Questi pensieri li meritava il Premio che ho vinto, anche se — per la verità — le poesie sovente usano il fiore a pretesto per un discorso di più vaste dimensioni: il fiore come decorazione dei pensieri che accimano alla mente, il fiore che si fa metafora di una situazione esistenziale nella quale le gemme che esplodono sono accensioni dell'animo e le siepi grovigli di lacerazioni e i colori ferite che si aprono al cielo.
Forse la Giuria pistoiese premiò anche le utopie che il pensiero dei fiori suggerisce ai poeti che tentano sempre di sfuggire all'insidia del grigiore della vita: infatti mi pare che il grigio non sia un colore diffuso tra i fiori!
Testimonianza tratta dal libro edito per il decennale del Premio
Vincitore
Autore: Mario Cristiani
Opera Presentata: Fiore d'argento per lo spettacolo
Mario Cristiani
Autore di corti e documentari (tra cui Oltre le nuvole, vincitore del fondo “Documentary” del piano MEDIA), ha partecipato alla scrittura di varie serie televisive (dai cartoni animati per Raiuno Football boys ai più recenti Medicina Generale e ’O Professore). Per La Squadra, di cui è stato per cinque anni Head writer, ha vinto con Donatella Diamanti la Grolla d’Oro 2005 per la sceneggiatura Tv. Ha ultimamente seguito, come editor per Fox, Boris ed è stato autore ed Head writer della serie Chiamatemi Gio’, prodotta da Disney Channel e Raidue. Insegna tecniche di drammatizzazione e sceneggiatura presso l’Università di Pisa ed il Centro Sperimentale di Cinematografia (Dipartimenti di Milano e Palermo).
Vincitore
Autore: Alda Merini
Opera Presentata: Fiore d'argento alla memoria
Alda Merini
Nata a Milano nel 1931. Ha esordito giovanissima sotto l'attenta guida di Romanò e Spagnoletti. La sua prima raccolta di poesie, La presenza di Orfeo (1953), ebbe un grande successo di critica. Si sono occupati di lei Oreste Macrì, David Maria Turoldo, Salvatore Quasimodo, Pier Paolo Pasolini, Carlo Batocchi, Maria Corti, Giovanni Raboni. Successivamente furono pubblicati: Paura di Dio (1955), Nozze romane (1955), Tu sei Pietro (1962). Le quattro raccolte di versi sono state riunite con il titolo La presenza di Orfeo da Scheiwiller nel 1993. Dopo vent’anni di silenzio, dovuto alla malattia, sono apparse: La Terra Santa (1984), Testamento (1988), Vuoto d’amore (1991), Ballate non pagate (1995), Fiore di poesia (1951-1997) (1998), Superba è la notte (2000), Più bella della poesia è stata la mia vita (2003), Clinica dell'abbandono (2004), L’anima innamorata (2000), Corpo d’amore, Un incontro con Gesù (2001), Magnificat. Un incontro con Maria (2002), La carne degli Angeli (2003). Con L’altra verità. Diario di una diversa (1986) inizia la sua produzione in prosa, a cui sono seguiti Delirio amoroso (1989), Il tormento delle figure (1990), Le parole di Alda Merini (1991), La pazza della porta accanto (1995), La vita facile (1996), Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi (1998) e Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta (1999). Vi si aggiungono Aforismi e magie (1999), raccolta di aforismi, e l’antologia di poesie Folle, folle, folle d’amore per te. Poesie per giovani innamorati. (2002). Ha ricevuto il Premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale" per la Poesia, il Premio Viareggio, il Premio Procida-Elsa Morante e il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia.
Vincitore
Autore: Romano Battaglia
Opera Presentata: Fiore d'argento per la cultura
Romano Battaglia
Romano Battaglia é nato in Versilia a Marina di Pietrasanta. In qualità di inviato speciale del Telegiornale é autore di numerosi servizi in Italia ed all'estero. Ha scritto trentatrè libri di cui sette sono per ragazzi: "Lettere dal domani", vincitore del Premio Bancarellino 1973 e dal quale sono stati tratti un' opera teatrale, un' opera lirica ed un disco; Ha vinto con "Il pesce lucente" il Premio Internazionale Andersen per la più bella fiaba per ragazzi. E' autore anche di tre libri di poesia: "Il ragazzo di sughero", "L'uomo che piangeva al rovescio", "Tornare di sera" con il quale ha vinto il premio internazionale di Poesia Città di Piacenza. Ha scritto volumi, quali: "Artista chi sei", "Sulla riva del mare" ed il volume documentario su Milano "La città parla". Un suo lungo racconto figura in "Racconti d'autore", un' enciclopedia dei maggiori scrittori italiani. Altri libri di Romano Battaglia, e dai quali sono stati tratti spettacoli teatrali e radiofonici, sono quelli della serie delle "Lettere al direttore", "Nuove lettere al direttore", "Le più belle lettere al direttore" ed "Ultime lettere al direttore", un' invenzione narrativa fatta di brevi cronache ispirate alla realtà che assieme formano il ritratto di un' Italia minore rimasta per anni sconosciuta. Seguono poi un' opera satirica "Come si fa", "Il mistero di Dino Buzzati", "Il cielo splende ancora", "Vivono fra noi", "Non l' ho detto alla TV", "Disagiate per amore" ed il romanzo "Non mi sono ucciso" vincitore del Premio Selezione Bancarella 1980. Al nome di Battaglia é legata la grande manifestazione de "La Versiliana" che in estate si svolge a Marina di Pietrasanta. Gli ultimi romanzi, tutti best sellers sono: "Notte infinita" Rizzoli 1989, "Storia di Settembre" Rizzoli 1991, "Il fiume della Vita" Rizzoli 1992, "Cielochiaro" Rizzoli 1993, "Una rosa dal mare" Rizzoli 1994, "La capanna incantata" Rizzoli 1995 "Alle porte della vita" Rizzoli 1996 e "Con i tuoi occhi" Rizzoli 1997. Sono seguiti poi altri volumi di grande successo dai titoli: "Cielo", "Il silenzio del cielo", "La favola di un sogno", "La strada di Sin", "Un cuore pulito", "Silenzio", "Come è dolce sapere che esisti", "Come si fa", "Sabbia", "Incanto", "Foglie" e infine "Oltre l'amore". Tutti i libri di Romano Battaglia sono tradotti in vari paesi del mondo. Ha vinto con i suoi libri tradotti in Germania, Giappone e Corea - numerosi premi: Premio Selezione Bancarella 1994 e Premio WWF Posidone 1993 con Cielochiaro, Premio Internazionale Cypraea 1991 con Storia di Settembre, Premio Levanto 1994 con Una rosa dal mare, Premio Badia 1996 con La capanna incantata, Premio Un libro per l'estate 1996 con Alle porte della vita. Sempre nel 1996 ha pubblicato Ho incontrato la vita in un filo d'erba.